L’allenatore Sandro Pochesci ricorda Cristian Parisi nel giorno dei suoi funerali

L’allenatore Sandro Pochesci ricorda Cristian Parisi nel giorno dei suoi funerali

Oggi pomeriggio, presso la chiesa “Stella Maris” di Fiumicino, piena in suo onore, l’ultimo saluto a Cristian Parisi, l’ex calciatore 38enne che è venuto a mancare all’affetto dei suoi cari lo scorso 2 novembre, alcuni giorni dopo un terribile incidente stradale avvenuto all’altezza del civico 104 di via Ostiense nella mattinata del 21 ottobre quando il dipendente della Siae stava rientrando a casa dal lavoro. Trasportato d’urgenza al San Camillo, Parisi per giorni è rimasto in coma farmacologico prima di “andare a palleggiare in Paradiso” come hanno scritto molti suoi ex compagni di squadra. La piccola Emma e la madre della bambina, Elisa, non potranno contare più sui suoi sorrisi.

Quel maledetto giorno del 21 ottobre la Fiat 500 di Parisi si è scontrata con una Fiat Panda, al volante c’era un 24enne rimasto ferito. Dopo alcuni giorni un flebile segnale di ripresa aveva fatto sperare tutti per il meglio ma il cuore ha poi ceduto.

Parisi ha giocato in Eccellenza con il Fiumicino, in Serie D con il Guidonia e in Serie C2 con il Potenza.

Tra gli allenatori che hanno avuto la fortuna di poterlo allenare anche Sandro Pochesci che da Guidonia ha spiccato il volo verso il calcio professionistico raggiungendo anche la Serie B alla Ternana e mostrando il suo valore in C con il Carpi.

Mister Pochesci, che ricordo ha di Parisi?

“Cristian era il classico funambolo che ci faceva divertire, dentro e fuori dal campo”.

Qual è la prima immagine di Parisi che le viene in mente?

“Era sempre con il sorriso, non me lo ricordo mai arrabbiato”.

Lo descriva come giocatore.

“Aveva una tecnica incredibile. Arrivò a Guidonia in Serie D, in una squadra piena di giovani magistralmente costruita dal direttore sportivo Marco Guidi e dalla società. Qualche volta dovevo mandarlo in panchina, anche per stimolarlo e perché con la sua tecnica e la velocità negli ultimi venti minuti diventava decisivo. Fece tre gol in semirovesciata quell’anno e dopo uno a Bitonto tutto lo stadio si alzò per applaudirlo. Negli spogliatoi mi disse: ‘Vediamo se mi metti in panchina anche domenica prossima’. Non riusciva proprio ad irritarsi”.

Certo, una grande squadra quel suo Guidonia.

“Era un gruppo unito, infatti sono rimasti sempre in contatto e mi telefonavano sempre quando viaggiavano. Sempre insieme, Parisi, Martellacci, Zanchi e Lolli. Senza l’unione non si ottengono questi risultati. Marco Guidi era il ‘capobanda’ di quel miracolo. A Guidonia sono stati anni bellissimi, eravamo veramente una famiglia insieme a tutta la società”.

Parisi era difficile da marcare anche per lei?

“Veramente (sorride, ndr). Durante le trasferte fuori regione era facile perderlo. Soprattutto in aereo quando faceva finta di stare male per passare il tempo vicino alle hostess. Avrei molti aneddoti da raccontare, così come i suoi compagni di squadra. Non ci sono parole, mando un abbraccio a tutti coloro che lo conoscono”.