Il Mondiale senza l’Italia

Il Mondiale senza l’Italia

Sarà dura guardare il Mondiale senza l’Italia. Un colpo al cuore. Un vero peccato per tutto il movimento, un danno d’immagine senza precedenti. “Apocalisse”, come detto in tempi non sospetti da Carlo Tavecchio, sua la scelta di consegnare la Nazionale in mano a Gian Piero Ventura quando era al comando del pallone tricolore. Doveva nascere una collaborazione con Marcello Lippi, terminata immediatamente perché il campione del Mondo nel 2006 decise di tirarsi indietro dopo alcune critiche legate al suo nuovo ruolo da direttore tecnico (incompatibile per la professione da procuratore del figlio Davide). Tavecchio non ha mai avuto il coraggio di esonerare Ventura, uno che ha affrontato la Spagna (patria dei palleggiatori) in trasferta e senza centrocampo con un improbabile 4-2-4 e che ha schierato una formazione prettamente difensiva contro la Svezia nel corso dei 180 minuti dei play off. Perfino Daniele De Rossi nei minuti conclusivi della gara di ritorno contro gli svedesi a San Siro ha sfiduciato il suo allenatore, invitandolo a mettere un attaccante in più (e cioè Insigne) prima dell’assalto finale. A pagare le scelte di un uomo è stato tutto il sistema calcio che invece in Italia è vivo, nonostante la crisi economica. La dimostrazione arriva dalla qualificazione delle donne (20 anni dopo l’ultima volta), perfino da quella della Nazionale Amputati e dalla semifinale Champions della Roma. Dobbiamo ripartire dai giovani, è stato detto molte volte. Concordo. Importante, però, inserirli al momento giusto. La Nazionale deve tornare ad essere un punto di arrivo, il momento più alto di una carriera. Talento cristallino permettendo, i giocatori vanno scelti e selezionati solo dopo averne testato l’affidabilità. Evitando loro brutte figure. Inutile dare ai giovani le responsabilità del futuro della Nazionale, quando al momento mancano esperti di spessore (escludendo il solo Bonucci, ultimo della vecchia guardia, peraltro un difensore). L’Italia tornerà, a settembre. Più forte di sempre, ne siamo sicuri.