Il calcio laziale si ferma. La soluzione? Meno partite e corsi di cultura sportiva

Il calcio laziale si ferma. La soluzione? Meno partite e corsi di cultura sportiva

Inevitabile. Possiamo definire così l’aggressione ai danni dell’arbitro Bernardini di Ciampino avvenuta domenica 11 novembre al “Francesca Gianni” di Roma in una gara di Promozione. Inevitabile perché episodi di minore rilevanza ma ugualmente gravi si verificano ogni domenica sui campi dilettantistici del Lazio. Così l’Associazione Italiana Arbitri è stata costretta a comunicare al Comitato Regionale Lazio l’intenzione di non mandare arbitri nella regione per una settimana rendendo impossibile la disputa di tutte le gare. Perché in questo gioco l’arbitro è indispensabile e tutti ne devono essere consapevoli. Senza contare il fatto di trovarsi spesso di fronte a ragazzi e ragazze lasciati soli (senza assistenti fino alla Prima Categoria e senza Var) in campi spesso infuocati.

Ovviamente la presa di posizione dell’Aia è stata pienamente condivisa dal presidente del Cr Lazio Melchiorre Zarelli. Fermarsi una settimana aiuterà a riflettere. Ma non basta, occorre trovare una soluzione.

A proporla siamo noi che ogni maledetta domenica siamo sui campi. Riduciamo il numero delle squadre: meno partite, meno tensioni, più arbitri qualificati e più difficoltà a partecipare a campionati con grandi movimenti economici per chi non può permetterseli. Parliamoci chiaro: la maggior parte di questi episodi avviene su campi di società che spariscono in breve tempo, dove non esistono storie e dirigenti. Un agguato di due tifosi nei confronti di un arbitro è senza ombra di dubbio un fatto grave. Diminuire il numero delle partite aiuterà la Federazione ad impiegare meno arbitri durante il fine settimana, selezionando così i migliori. Aspettiamo anche corsi di cultura sportiva (iniziativa che non comporta particolari esborsi economici, anzi quasi zero) perché ad alcuni tesserati e tifosi farebbero veramente bene: nei dilettanti, certo, ma anche tra i professionisti.